È boom di operazioni guidate da società di distribuzione Gli inglesi di Howden rilevano Assiteca, con gli americani di Acrisure pronti all’azione. Wefox parte con l’auto e in Wide si cercano nuovi soci di Anna Messia
C’è un numero che più di tutti fa comprendere quanto in Italia il valore della distribuzione assicurativa per il tramite di un broker stia crescendo anno dopo anno fino a provocare, negli ultimi mesi, una pioggia di operazioni. A fine 2019, quando Il gruppo finanziario francese Tikehau Capital decise di rilevare il 23,43% di Assiteca, il primo broker italiano quotato all’Aim di Borsa Italiana fu valutato 2,5 euro per azioni, con un esborso complessivo di 25 milioni. Qualche giorno fa, con la decisione del colosso del brokeraggio assicurativo inglese Howden di acquisire l’86,965% di Assiteca, quelle stesse azioni (salite nel frattempo al 24,4%) sono state stimate 5,624 euro, in pratica 2,5 volte rispetto ad appena poco più di due anni fa. Un bell’affare per l’asset manager paneuropeo guidato in Italia da Luca Bucelli e Roberto Quagliolo che ha evidentemente cavalcato in pieno «l’onda del broker» che sta colpendo l’Italia con grandi gruppi internazionali che sembrano pronti a scommettere sulla crescita di questo canale di distribuzione e più in generale sul fatto che, finalmente, si potrebbe colmare il gap assicurativo che da sempre caratterizza il Paese rispetto ad altri mercati europei. Gli italiani, tolta la Rc Auto obbligatoria per legge, hanno poche coperture assicurative che proteggono la persona, la famiglia o la casa. Con la pandemia, che ha messo al centro l’importanza della salute, qualcosa sembra essere cambiato: nel 2021 le polizze malattia hanno registrato una crescita dei premi di quasi l’8% e non sono le sole. Mentre le nuove regole europee sulla distribuzione assicurativa (dalla Idd al Pog) sembrano favorire modelli di imprese innovative e tecnologiche, in cui le piattaforme supportano i distributori alleggerendoli di tutte le incombenze amministrative. E il mandato di broker, rispetto a quello classico di agente, per alcuni aspetti sembra essere più flessibile per chi sceglie di vendere polizze di più compagnie. Già oggi del resto, guardando i dati dell’Ania, l’associazione delle compagnie, si scopre che i broker hanno in mano una fetta preponderante di mercato Danni, pari all’8,4% se si guarda ai premi intermediati direttamente tramite le imprese. Ma il dato lievita al 33,2% se si considerano anche le polizze che passano per il tramite delle agenzie. Canali che si intrecciano, con i broker che sembrano aver cambiato pelle rispetto al passato quando, come bacino di riferimento, avevano solo imprese e grandi clienti, mentre ora si avvicinano sempre di più al retail. Un mercato che era dominato da grandi big Usa, da Aon a Marsh, sembra ora destinato ad aprirsi a nuovi protagonisti.
Howden. Pronto all’azione c’è il maggior gruppo di brokeraggio assicurativo europeo Howden, tra i primi al mondo, che ha messo l’Italia nel mirino. Prima di muovere su Assiteca la società aveva già rilevato in Italia lo storico broker Scagliari, cui aveva fatto seguito, in meno di otto mesi, l’acquisito del 100% di Tower spa, società vicentina specializzata nell’intermediazione assicurativa e nella consulenza per la gestione del rischio aziendale. Poi c’è stata l’acquisizione di Asi Insurance Broker di Treviso, società fondata nel 2008 da Roberto Brunetta e a breve giro di posta è arrivato il colpo gruppo su Assiteca con Howden intenzionato a rilevare l’86,965% del capitale con un operazione da 208,7 milioni (condizionata anche al golden power previsto per gli asset assicurativi) e l’annuncio che, dopo il closing, sarà lanciata un’offerta pubblica sulle azioni quotate per poi procedere con il delisting. L’intenzione del gruppo, come annunciato a MF-Milano Finanza lo scorso 21 gennaio da Antonio Forcellini, già vicedirettore generale e membro del board di Aon di Italia, nominato chief commercial officer di Howden per l’Italia «è di arrivare nel giro di 5 anni, grazie a nuove acquisizioni e al richiamo di talenti sul mercato, a 60-70 milioni, per poi raddoppiare a 120-140 milioni nel giro di 10 anni». Piani che potrebbero essere accelerati dal probabile arrivo al timone dell’Italia (almeno stando alle voci di mercato) di Federico Casini, che dopo l’uscita come presidente esecutivo di Aon, sarebbe manager giusto per guidare la crescita in Italia del colosso del brokeraggio. Fratello del senatore Pier Ferdinando, Casini vanta una lunga carriera nel settore del brokeraggio assicurativo dove è entrato nel 1986 iniziando con l’Amministrazione Brichetto, parte del gruppo Gpa e per Hodew potrebbe di certo rappresentare una carta vincente per Howden. Mentre in Assiteca il fondatore Luciano Lucca, Gabriele Giacoma e Nicola Girelli continueranno a ricoprire, rispettivamente, la carica di presidente, amministratore delegato e direttore finanziario.
Acrisure. In campo è sceso anche il colosso Usa Acrisure che vuole rafforzarsi in Italia, considerato uno dei Paesi europei con le maggiori opportunità di sviluppo, come aveva raccontato a MF-Milano Finanza, Jason Howard, presidente di Acrisure International, in viaggio in Italia a fine 2021. Il gruppo, tra le dieci più importanti aziende di brokeraggio assicurativo a livello globale, e con la crescita più rapida al mondo, ha già investito sulla Penisola rilevando, ad aprile dello scorso anno, Double S Insurance, società con sede a Sassari Broker che continua ad essere guidato dal presidente e amministratore delegato Stefano Sardara. Acrisure in questi giorni ha chiuso un’operazione in Spagna (Summa Insurance Brokerage) e ora sta studiano altri dossier italiani, aveva raccontato Howard ma intanto «il 2021 si è chiuso con 15 milioni di commissioni, in crescita dell’85%», racconta Giuseppe Barbati, direttore generale del broker, ricordando che nel portafoglio della società ci sono già partner di peso, in particolare nel ramo auto, da Bmw a Hyundai Capital, da Arval a Leasys, e segnalando che per il 2022 «l’obiettivo è aumentare le commissioni a 22 milioni», ovviamente al netto di nuove acquisizioni.
Wefox. Oltre ad inglesi e americani l’Italia fa gola anche all’unicorno tedeschi Wefox che per entrare nel Paese ha rilevato lo storico broker Mansutti. Un’operazione seguita dall’ingresso di Tomaso Mansutti nell’azionariato e nell’executive board del gruppo insurtech e la nomina del manager a responsabile delle partnership internazionali di Wefox. Nei giorni scorsi il gruppo fondato da Julian Teicke ha avuto il via libera dell’Ivass per iniziare ad operare in Italia nel ramo Auto e la distribuzione avverrà sia tramite la piattaforma digitale della società sia tramite accordi con broker, a partire proprio da Mansutti e l’obiettivo è di aprire una sede in Italia entro l’anno e di aprire presto a nuove polizze danni, dalla casa agli infortuni, dai danni accidentali per i device alle estensioni di garanzia e successivamente al comparto cita di puro rischio.
Wide. Una volta tanto tra le imprese pronte a sfruttare le nuove occasioni di business, facendo leva sull’innovazione tecnologica, spunta però anche un’italiana. Si tratta di Wide, la insurtech nata a ottobre 2016, su iniziativa di tre giovani, Gianluca Melani, Matteo Barbini e Gerardo Di Francesco per concentrarsi proprio sulla digital trasformation dell’intermediazione assicurativa. Una società che cresce essenzialmente tramite aggregazioni di singoli broker ai quali viene proposto un pacchetto tecnologico chiavi in mano e di entrare nell’ecosistema di Wide Group, con il marchio della società, ma mantenendo libertà e proprietà del portafoglio clienti. «In questi anni abbiamo dimostrato che il nostro modello funziona, arrivando ad aggregare un centinaio di broker e raggiungendo i 15 milioni annui di provvigioni», spiegano. «Ora siamo pronti a fare un salto dimensionale e stiamo per avviare la ricerca di uno o più partner per ottenere le risorse necessaria ad avviare la fase due della nostra società. Lì fuori c’è un mercato enorme di consulenti che hanno bisogno di offrire ai propri clienti i migliori prodotti del mercato, ottimizzando i tempi grazie all’innovazione tecnologica», concludono.
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